Abito nella cosa che non riesco a definire, né come
e da dove proviene, abito nella speranza. È il motore
di ricerca dei miei sogni, li rende di una bellezza tale
da sistemarli tra il virtuale e il reale, in quello spazio
infinito dove tutto diventa magico ed enigmatico,
riesce finanche a non far sanguinare le ferite inguaribili.
È così dolce, quel soffio di vento tra i capelli, sfiora con
i suoi vortici ripetutamente il viso prima di rinfrancare
il cuore e posarsi sull’anima. Un beneficio che attraversa
il corpo e procura le ali al cuore per vederlo volteggiare
tra le nuvole per spingerlo oltre l’infinito, oltre la linea
dell’orizzonte, dove la terra finisce e comincia il cielo.
Dove un barlume di luce rischiara la tenebra che stava
per impossessarsi della mia vita. Improvvisamente la
solitudine veniva resa dolce dallo scintillio delle stelle
che saccheggiava il buio della notte con note musicali,
melodie che continuamente richiamavano l’atmosfera
del Santo Natale. Il sole non può soffrire l’agonia dei
suoi raggi ma deve vestire i giorni della luce dell’alba.
Speranza, tracce in un deserto infinito ma dà sempre
qualcosa e invoglia a lasciarsi seguire. Un raggio di
sole che senza un perché, senza una ragione si fa
largo tra le nuvole minacciose di temporale e nel cielo
si aprono squarci di sereno. Se la luce del sole illumina
il giorno, la luce della speranza illumina la vita, la
speranza è vita, se non c’è la speranza non c’è vita
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